Al dolce tepore di una stufetta mi riscaldo il corpo dal freddo gelido di fine novembre.
Dolcemente scivolano fra i miei ricordi, istanti vissuti nel cercare di capire, capire le persone, quelle che a volte si presentano a me così indifferenti, come indifferente è il loro modo di amare le dolci e rare sensazioni della vita.
E’ in questi momenti che mi chiedo del perché amo la solitudine.
Del perché la solitudine imperterrita cerca me.
Confesso che, amare te, così per quanto si possa amare il dolce sguardo di un tramonto su un mare in tempesta, è bello, ma complicato allo stesso tempo, e non so cosa mi dia più gioia ora, se saperti persa o sentirmi follemente amato da te. Ma in questo giorno, l’unica cosa che amerei è uno tenero ma sincero abbraccio di una donna innamorata di me. Mi hai fatto sentire piccolo quando ti parlai e tu con gli occhi tuoi dolcissimi fissavi me. Piccolo si, piccolo come un atomo…, un atomo ribelle che invano cercava di sfuggirti, che sapeva di restare solo ma voleva pur continuare a vivere.
Sento di voler piangere.
Mi batte il cuore anche ora e non so che fare.
Ma c’è amore in te?
Ci sono persone a cui credere e donarsi al mondo? ….
“Amo” te anche se non ne ho più la forza e avrei preferito che ciò non accadesse mai, mi vedevo fortunato, al tuo canto felice, felice di tenerti forse per un istante accanto a me.
Vorrei farvi sapere a tutte voi, voi che per caso o per coincidenza state leggendo questa mia… “amara sconfitta” come vivo io, come vivono coloro che, come me, semplice ragazzo di paese, ogni santo giorno al risveglio si domanda “soffrire per chi?”
Vogliatemi scusare ma è per me amara questa pillola da buttar giù da solo. Con affetto
Giovanni Rito Russo